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GIOVANNI

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GIOVANNI

Messaggioda clemy il 9 set 2010, 10:28

Ripercorro per la prima volta la nostra storia…penso che sia io che Giovanni in questo lungo percorso abbiamo sempre avuto un Angelo che ha vegliato su di noi...
Le minacce d’aborto sono cominciate alla 19esima settimana, sette settimane dopo la villocentesi eseguita per via della fibrosi cistica che incombe sulla nostra famiglia.
Alle 5.30 del mattino mi sento calda, sentivo scendere qualcosa, ho pensato che mi stessi facendo la pipì addosso. Vado in bagno abbasso il pigiama: sangue. Mi siedo per fare pipì ma esce di colpo una valanga di sangue. Realizzo di aver perso il bambino. Sveglio mio marito che ovviamente evita di svenire, raccogliamo armi e bagagli e di corsa all’ospedale. Il medico di turno mi visita, mi fa l’eco e poi mi guarda come se avessi qualcosa fuori posto e mi dice che la gravidanza va avanti che il bambino sta bene. C’è solo un piccolo distacco ma come mai tanto sangue non sa dirmelo.
Dieci giorni in ospedale allettata con flebo ininterrottamente poi torno a casa, allettata anche qua. Dopo quattro giorni stessa situazione ma di pomeriggio di nuovo corsa in ospedale di nuovo flebo di nuovo allettata ma nessun segno di distacco. Dopo qualche giorno il primario mi dice che potevo andare a casa l’indomani. Durante la notte un’altra emorragia catastrofica: erano appena 21 settimane. Il letto zuppo di sangue fino a piedi. Le infermiere non sapevano da dove prendermi. Quella notte c’erano tre dottori di testa sull’ecografo. Nessun distacco, il bambino stava bene. Continuavano la degenza e anche le flebo. Io più immobile di così non potevo stare mi alzavo solo per andare in bagno. Dopo alcuni giorni riesco a tornare a casa, qui resisto il più possibile ma con perdite che tampono a casa con gli antiemorragici ma il mio amico ginecologo invece insisteva affinché andassi in ospedale, cosa che faccio dopo 15 giorni perché sopraggiunge un'altra forte emorragia. La situazione è sempre la stessa. Il bambino sta bene, si muove tantissimo, senza tregua. Questa volta discutono sulla mia placenta: se fosse bassa o alta non l’ho mai capita. Ricovero il 3/11 a letto ovviamente, questa volta con un farmaco bruttissimo: miolene. Chi l’ha provato sa che è una tortura soprattutto ad un dosaggio alto. Nei giorni a seguire presento solo delle piccole perdite provano a sospendere il miolene in vena sostituendolo con le compresse ma il primo tentativo fallisce. Riprovano di nuovo dopo alcuni giorni, ma ri-fallisce. Il terzo tentativo sembra andare a buon fine. Alle 17.45 del 16/11/09 dopo aver finito la splendida cena dell’ospedale chiamo il mio ginecologo per dirgli che tutto procede per il meglio. Mi dice che mi sta raggiungendo e che arriva tra dieci minuti. Passa a salutarmi perché poi deve partire per Roma per assistere ad un congresso. Attacco il telefono e all’improvviso mi sento sbiancare. Sento “scendere” corro in bagno: ero piena fino alle caviglie. Arrivano ostetriche, dottori, infermiere, mi puliscono alla meglio e mi portano in medicheria. Sopraggiunge il mio ginecologo che incredulo mi guarda, è spiazzato più di me, cerco disperata i suoi occhi per capire qualcosa (tra di noi le parole erano e sono superflue), le mie orecchie diventano due parabole per captare i bisbigli di ginecologi e ostetriche. Il cesareo era alle porte, i miei valori erano al limite, l’emorragia dopo due ore non si fermava, le contrazioni si facevano sentire. Flebo a palla e bentelan nelle chiappe. Monta il medico di guardia alle 20.00, nel frattempo era arrivato mio marito, mi fa l’eco, giù uno sguardo alle perdite, poi sgrana gli occhi al monitor. La placenta nella parte inferiore si era distaccata parecchio. Fu perentorio: cesareo e pure con una certa urgenza. A mio marito, che s’era permesso di chiedere se si poteva aspettare, rispose bruscamente “senta se non porto subito sua moglie in sala operatoria rischia di morire lei con tutto suo figlio! È questo che vuole?” La situazione si era di colpo chiarita, ma col tempo ho capito che tutto era tranne che chiaro.
Alle 21.55 a quota 28 settimane nasce un pargoletto di 1150gr x 37cm di lunghezza: io sento la sua voce pronunciata, cosa che non mi aspettavo assolutamente. Rintraccio gli occhi del mio ginecologo mi dice di star tranquilla, è tutto a posto, corre insieme al neonatologo e all’ostetrica per vedere come sta il bambino. Passano minuti che per me sembrano un’eternità. Ritorna. Mi dice che non lo hanno intubato, che sta bene. Poi va su ad avvisare mio marito e i miei genitori. Io non me la passo bene, sono a rischio trasfusione l’emorragia dopo la nascita fatica ad arrestarsi, l’anestesista mi dà fiducia, l’emoglobina è bassa, ma vuole aspettare la fine dell’intervento prima di attaccare la sacca del sangue. Alla fine quella me la scanso, lo zaffo no.
Torno in stanza, chiedo notizie del bambino a mio marito, parla ma non capisco che dice. Chiedo come l’ha chiamato: non avevamo deciso un nome ed io avevo lasciato a lui la scelta a quando l’avesse visto. Era nato Giovanni… il nome era quello di suo padre, ero contenta perché quella scelta ne comportava necessariamente un’altra: pace fatta con i miei suoceri.
Giovanni lo vedo il 18 a mezzogiorno, dopo tante insistenze un’infermiera mi ci porta in sedia a rotelle per uno sguardo veloce…mi hanno tolto lo zaffo e devo stare necessariamente a letto. Uno sguardo durato pochissimi minuti bastati per ammutolirmi. Se qualcuno in quel momento mi avesse sferrato una coltellata, non sarebbe uscita nemmeno una goccia di sangue. Cosa mi aspettavo di trovare non lo so ancora tutt’oggi: mi avevano riempito la testa di tante stupidaggini, me l’aspettavo più piccolo ma non così…tra le stronzate più colossali che ho dovuto sentire era che Giovanni doveva solo prendere peso…come si fa a non credere e capire che i prematuri possono avere una caterba di problemi ben più seri degli etti che devono accumulare?
Mi ci sono voluti alcuni giorni per accettare la situazione, era più forte di me. Andavo a vedere ogni tre ore il mio bambino, lasciavo il mio latte, ma ero un’ebete che faceva avanti e indietro: non riuscivo a trovare un senso a questa situazione. A volte penso che mio figlio è stato più forte di me…io ero sull’orlo della depressione…quando entravo nella neonatologia sentivo le budella annodarsi, quando mi avvicinavo all’incubatrice mi veniva solo da piangere, se poco poco qualcuno mi chiedeva come stava Giovanni io non rispondevo: piangevo. Piangevo anche se i dottori erano ottimisti ed io non avevo motivo di preoccuparmi…ma non riuscivo a vedere Giovanni un bambino, un neonato…è una cosa difficile da spiegare, è un miscuglio di sensazioni che non si può spiegare… Anche mio marito non capiva pienamente quello che stavo passando mi dava della stupida e scema, il bambino era chiaro che fosse piccolo, per lui era tutto normale, infondo era stata una fortuna che fosse vivo e stesse bene.
Sentivo il mio amico ginecologo per telefono, non era ancora ritornato da Roma… capì che stavo male, infondo mi conosce meglio delle sue tasche, mi diceva solo di stare tranquilla e che ormai era andata (pochi mesi fa ho saputo che lui quella sera si era opposto fermamente al cesareo). Tornò tre giorni dopo il parto, ero psicologicamente a pezzi. Giovanni quasi non volevo più vederlo. La psicologa si mise alle costole ma non mi cavò niente dalla bocca. Ricordo che scrisse sulla cartella “da tenere in osservazione”. Alle volte penso che se non fosse stato per lui (ginecologo), io sarei impazzita. Ricordo tutte le parole che gli ho urlato in un pianto straziante, ricordo quanto lui è stato duro ma comprensivo con me… mi ha dato sempre la sua spalla per piangere, per esprimere tutto il mio dolore, mi ha capito al volo… tra noi gli sguardi parlavano più di mille parole… io dico sempre che m’ha preso per mano e con tutta la sua forza m’ha strappato alla follia…ho ritrovato la voglia di reagire grazie a questa persona meravigliosa: non potevo lasciarmi andare ero mamma di due bambini, me lo diceva sempre.
Giovanni parte in quinta, per cinque giorni, malgrado le piccole apnee respira da solo. Al quinto giorno pesava 965gr. Poi la situazione precipita. Assisto personalmente ad una apnea valida, urlo mentre la puericultrice lo sbatte in tutti i modi per farlo riprendere. Vedo il torace fermo la saturazione bassissima una scena straziante che non dimenticherò mai…dopo secondi o forse minuti interminabili Giovanni si riprende, io ero morta dalla paura: non sapevo che era assolutamente normale nei bambini prematuri. Dopo altre apnee di questa entità decidono di intubarlo. Resta intubato per un paio di giorni poi passano a CPAP con quella mascherina minuscola. Quindici giorni infiniti, con quel cappellino da puffo, poi finalmente all’ennesimo tentativo di sospensione Giovanni riesce a respirare da solo senza desaturare…che bello! Finalmente potevamo vedere il suo faccino e quei capelli che erano diventati biondi! Nel frattempo era arrivata la volta della trasfusione: una doccia gelata in pieno inverno.
Dopo 25 giorni di intensiva passa in SUB. Desatura solo ai pasti, del biberon non vuole saperne. Non ha più ossigeno in incubatrice e nel frattempo ha raggiunto 1400gr; non desta particolare preoccupazione. Arriva il momento della visita oculistica: Rop di secondo stadio. Nella maggior parte dei casi rientra ma potrebbe anche peggiorare. Questo problema mette in ansia sia me che mio marito ma i dottori sono molto ottimisti. È già tempo di marsupioterapia, ma evito di farla perché sono molto raffreddata…ma arriva presto il giorno in cui riesco a prendere mio figlio in braccio per la prima volta ed è stato bellissimo sentire il calore del suo corpicino su di me…avevo paura di romperlo ma aveva superato 1700 gr e sapevo che mi dovevo far coraggio a muoverlo perché ben presto sarebbe venuto a casa! Giovanni si attacca anche al seno e ciuccia come se lo avesse sempre fatto… e grazie al suo ciucciare che ho un’altra montata lattea…la mia “produzione” era scemata per via dei tiralatte, nei primi tempi avevo tanto latte, le altre mamme dicevano che avrei potuto sfamare ad ogni poppata tutti i bambini della neonatologia! Giovanni in Sub ci dà molte soddisfazioni, arriva il momento di staccare i sondini che monitorano l’attività cardiaca è attaccato solo al saturimetro e a quel maledetto gavage. Giovanni infatti non ha molta confidenza con il biberon, proprio non capisce il meccanismo! Lo trattengono in sub solo perché ha ancora bisogno del gavage ai pasti, ma poi un pomeriggio capisce che tutto dipende da questo cavolo di biberon e così al pasto delle 18.00 attacca a ciucciare come non l’aveva mai fatto!!!
Il mezzogiorno successivo sento squillare il telefono. Era l’infermiere della neonatologia. Forse in quel momento ero io a desaturare, ma la telefonata era per annunciarmi che Giovanni era pronto per passare in culletta, avevano bisogno del corredino! Sento la meta vicina, anche se Natale era passato, il Capodanno l’abbiamo festeggiato alla grande: Giovanni passava la sua prima notte in culla e per fortuna non ha avuto nessun problema… speravo che Babbo Natale portasse a casa Giovanni ma la slitta era troppo piena e grande per il nostro cucciolo… Però la Befana aveva una calza fatta apposta per Giovanni e così ha fatto un’eccezione e a mezzogiorno del 05.01.2010 dopo 50 lunghissimi e interminabili giorni Giovanni è arrivato a casa per la gioia di mamma, papà e Michele. Ora a Giovanni per fortuna ha superato tutti i problemi, ha tanta voglia di vivere ed ha un sorriso sempre per tutti anche per coloro che credono abbia un ritardo di crescita patologico ma ciò che ha affrontato lo sappiamo solo noi, la battaglia più grande l’ha già vinta, quello che realmente conta è che sta bene ed è qui con noi!

Scusatemi tanto se sono stata prolissa, ma per la prima volta mi sono "liberata" raccontando a fondo questa storia.
Clementina mamma di tre moschettieri:
Michele nato il 25/07/2006 a 41w+1d 3590 gr
Giovanni nato il 16/11/2009 a 28w+0d 1150 gr.
Vito nato l'11/08/2011 a 39w+0d 3470 gr



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